Io non so cos’è amore, so risvegliarmi al mattino come fosse passato il periodo del letargo, del lungo sonno; come automa confondo sogni ed illusioni e i confini di realtà e fantasia si frantumano, sbiadiscono e a tratti come incresciose litanie fuorviano le intenzioni e il cielo appare ardesia soffocante, come sopraffatto da stelle e alberi squamati o azzurro rondine e l’incanto prende il sopravvento sulla realtà sfibra di pensieri e gioie.

Guardo le mie braccia stanche, a tratti bluastre e non so più se è il sangue a defluire o il segnale che vuol fermarsi, della vita che non ne vuol più sapere.

E’ amore quel che è stato? Teneri ricordi affiorano sgualciti da ombre di lutto che mi serpeggiano nel corpo e solo qualche lume a tratti rischiara la mia giornata; è più la paura e l’angoscia che mi avvolgono, è più l’incerto fare e non fare, essere qui e nello stesso tempo non esserlo, e quando giunge il tempo dei morti mi sento come un crisantemo sfiorito con petali frantumati come le mie membra.

Mi ha amato? Sono stata amata?

E’ una domanda a cui non so rispondere, perché il tempo non me ne ha dato l’occasione di farlo. E’ solo il ricordo che rimane: il contatto lieve e caldo di una carezza, un bacio desiderato, un’illusione schiusa, appartenuta all’adolescenza, un luccichio di occhi che scompagina ogni visione…

Ora la mia idea è stordita, vedo solo pietre secche contro cui mi arrabatto per scansarle, colpi inferti sostituirsi alle carezze, vituperi e ansie sostituirsi ai bagliori d’amore e il dolore che mi invade e mi ritorce come un filo che rammenda una logora tela.

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